Una città da inalare

gennaio 19, 2011

Alfredo ha bisogno di un ninja.
"Tu sei uno tosto," mi dice dopo pranzo, "sei uno che sa muoversi fra le colline, che riesce a sfangarla anche quando lo chiudono in un angolo. Sei un combattente."
Siamo tornati nel salone, siamo tornati al mobile bar.
Chibi è tornata alla Playstation, Clo è stravaccata su una poltrona che sfoglia una rivista.
Nessuna traccia dei due tirapiedi.
La mia lattina di acqua brillante è coperta di condensa.
"Sei il tipo giusto per fare da apripista, per garantire che noi si riesca ad arrivare a Milano senza troppi problemi."
Lo guardo.
"Milano? E perché dovremmo andarci a cacciare in quella fogna?"
Alfredo scrolla la testa.
"Non ti tieni aggiornato, Faina," mi dice, con un ghigno. "A Milano c'è un posto dove atterrano gli elicotteri."
Continuo a guardarlo.
"Sono gli inglesi... Da loro il contagio è stato contenuto..."
"Come no."
"Stanno recuperando le persone sane che si trovano a Milano..."
"Sono elicotteri molto piccoli, allora."
Sbatte la mano sul bancone.
"Non fare lo stronzo, Faina! Gli inglesi stanno sgomberando Milano, ed io voglio un posto su uno di quei fottuti elicotteri!"
Prende un bel respiro.
Sento che Clo alle mie spalle ha smesso di voltare pagina, sento i suoi occhi morti fra le scapole.
"Voglio un posto per tutti noi, per me, per te, per le ragazze, per tutti gli altri," dice.
Certo.
Ammesso che questa storia degli elicotteri sia vera, la Corona Britannica sarà ben felice di accogliere un piccolo ras di borgata e la sua corte dei miracoli.
"Come sai che ci daranno un passaggio?" gli chiedo.
"Pagando."
Mi domando seriamente come sia riuscito a sopravvvere tutto questo tempo.
"I soldi aprono tutte le porte, eh?"
Lui sogghigna. "Io ho di meglio dei soldi," dice.
Guarda sopra la mia spalla.
"Piccola, fagli vedere..."
Sento Clo che si alza ed esce sciabattando dal salone.
Uno, due minuti, mentre il padrone di casa se la ride saputo.
Poi la ragaza ritorna, posa una valigetta sul bancone, la apre, allunga un dito, lo passa sulla superficie di una dele buste di plastica e poi lo porta alle labbra, strizza l'occhio e scoppia in una risata di gola.
"No, un attimo..."
Questo sta diventando troppo malato anche per l'apocalisse.
Pianto i miei occhi in quelli di Alfredo, blku, acquosi.
"Tu intendi attraversare la campagna nella stagione peggiore per arrivare a Milano, giocare a rimpiattino con un milione di gialli incazzati finché non arriva un ipotetico elicottero, e poi pagarti un passaggio fino allo stadio di Wembley offrendo al governo britannico una valigiata di cocaina?"
Lui chiude delicatamente la valigia.
"Di queste bambine ne ho tre," dice, serio.
"E no, non intendo pagare i ragazzi sull'elicottero... intendo pagare uno dei ricchi stronzi che hanno i contatti e per i quali gli elicotteri scendono a comado, in modo che ci garantisca un passaggio."
"Riesci ad immaginare," dice Clo, appoggiando entrambi i gomiti sul bancone, e sporgendosi in avanti, "Un grattacielo pieno zeppo di ricchi baùscia che da un anno non hanno qualcuno che li rifornisca di neve?"
È il discorso più lungo che le abbia sentito fare in una settimana, ed è delirante.
Ma Alfredo le dà una pacca sul sedere.
"Ci adoreranno," dice.
E scoppia a ridere.
"Ed ora vai a riposarti," mi dice. "Domani tu e Ardo andate giù in valle."
Guardo oltre le porte-finestre.
La nebbia è un muro solido, reso lattescente dalla luna piena.
"Cos'è, hai finito i sottaceti?"
Lui scrolla il capo.
"Per arrivare a Milano, ci serve benzina."

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