Libby

gennaio 30, 2011

Il cantiere dell'Expo ha tutta la tristezza spettrale di un lunapark abbandonato.Le intemperie hanno trasformato in brandelli sbiancati i teli che avvolgevano le impalcature, esposto i tondini rugginosi al cuore di plinti in calcestruzzo ormai eorosi, spaccato i blocchi dei vialetti, che ora paiono ioste precolombiane fra i cespi di giungla che sono le aiuole impazzite.
Mettendo il motore al massimo guadagnamo forse cinque minuti di vantaggio sulla massa di gialli su questo argine.
Mentre saltiamo i tornelli, i primi si fermano alla recinzione metallica, afferrando le griglie, facendole oscilare avanti e indietro con un cigolio sempre più intenso.
Tutto il mondo avrebbe dovuto essere qui, ma i più sono assenti per malattia, i lotti dell'esposizione abbandonati.
Ci sono solo le strutture parziali messe in piedi dai soliti primi della classe - i tedeschi, i giapponesi, i cinesi.
Superiamo correndo un grande torii oltre il quale la sagoma scrostata di un Gundam in scala 1:1 sembra osservarci mentre proseguiamo verso il padiglione tedesco.

Una immagine sorridente di Joey Yung si materializza nella foschia come un'apparizione mariana.
Il padiglione cineswe semra il sito di un bombardamento con cariche incendiarie.


Consulto la mia mappa.
A sinistra alla prossima.
I cartelli indicatori sono illeggibili.
In lontananza, il cigolio della recinzione si interrompe, seguito da uno schianto.
E poi da un ruggito.
Centinaia di gole devastate dalla malatia che lasciano esplodere nell'aria fredda una ame incomprensibile.
Stanno arrivando.
Ilpadiglione tedesco è chiuso da un cancello metallico.
Catena spessa.
Lucchetto da guerra.
Bestemmio.
Raccatto una spranga metallica da una panchina smantellata e la uso per far saltare la catena.
Ardo e Clo cominciano a psarare.
Il cancello si apre.
"Dentro dentro dentro..."
Chiudiamo il cancello, usando la spranga per bloccarlo.
Non durerà a lungo.
Il padiglione incombe su di noi come una gigantesca vela, come un fazoletto lasciato cadere da un gigante.
Le porte a vetri sono chiuse, l'interno è in ombra, ma io punto sulla destra, dove una scaletta di servizio chiusa da un cancello porta ad un accesso a circa dieci metri da terra.
Altro cancello.
Chiusura elettrica.
Sfondo la scatola di controllo col calcio del fucile, collego a mano i fili, la porta si apre.
Alfredo entra, con Clo alle calcagna.
Poi una mano mi si pianta in mezzo alla schiena e mi spinge dentro.
Il cancello si chiude alle mie spalle, mentre Arno comincia ar urlare e a sparare all'impazzata.
Sanguina da una spalla, la manica squarciata.
La sua corsa finisce qui.
Sposto Alfredo con una spallata e salgo i gradini tre per volta.
Porta.
Chiusura elettrica.
Niente scatola.
Sparo alla serratura.
Butto dentro gli altri, entro chiudo.
Distributore di Pepsi.
Lo faccio crollare davanti alla porta, in modo che si incastri contro la balaustra.
Ardo smette di sparare.
Gli altri sono immobili, gli occhi sgranati.
"Fottutissimo figlio di puttana..." sussurra Alfredo.
Siamo su un piccolo camminamento, una passerella di servizio che gira attorno al padiglione centrale.
Davanti a noi, su una curva superficie candida, colossali lettere stampatello.
Z E P P E L I N
Tombola.
La prima mano è mia.


"Fottutissimo figlio di puttana..." ripete Alfredo.
Pugni cominciano a colpire la porta.
Clo si toglie gli occhiali scuri.
"Cos'è?" mi chiede.
Procediamo lungo la passerella.
"Zeppelin NT 14 plus," gli passo il depliant. "'ammiraglia della futura flotta dei cieli della Germania... beh, al momento credo che il progetto sia sospeso a tempo indeterminato."
Pare confusa.
Probabilmente se le dico Zeppelin lei pensa a Stairway to Heaven.
C'è un panello di controllo.
Con un gemito da oltretomba, i martinetti idraulici cominciano a muoversi.
Nell'oscurità sopra di noi si apre una lunga linea luminosa.
E anche la seconda.

Scendo di sotto, gli altri dietro.
"Scafo in trilaminato, motori elettrici alimentati da celle ad alta efficienza sulla sommità, più un trio di Textron Lycoming IO-360 boxer," spiego.
Il pavimento è ancora lucidissimo.
Laggiù, corpi ammassati spingono contro le porte a vetri.
Conviene muoversi.
"Può fare i 100 all'ora, ma una volta presa quota, non abbiamo particolarmente fretta," continuo. "Penso che la chiamerò Libby."
"Lo hai sempre saputo!" strilla Alfredo.
"Da settimane."
C'erano i depliant a Canelli.
Già nel '13 ci facevano i voli Milano-Torino e ritorno.
Cento cucuzze a testa.
Il portello si apre.
Venti posti a sedere, minibar, finestrini panoramici.
Le luci si accendono senza neanche un tremolio.
Tedeschi.
Se non facevano guerre, quelli...

"Non ne hai parlato sul tuo blog!" dice Alfredo.
Pare offeso.
"Volevo evitare di trovare la coda."
"Non ne hai parlato a noi..."
"Non mi pare esattamente il momento di discutere di trasparenza, vero? Vai a sganciare l'ormeggio di poppa..."
Le porte a vetri esplodono.
I gialli vengono a prenderci.
Mi servono cinque minuti.
Cinque maledetti minuti.
Clo comincia a sparare.
La sala si fa sempre più luminosa.
Sfondo il vetro, sgancio l'idrante, mi metto al lavoro.
Cinque maledetti minuti, e speriamo che i ballonet siano in pressione.

Cinque minuti...
Cinque giorni...
Cinque lustri...
Sono centinaia.
Arrivano a ondate, a piedi o strisciando sulle ginoccia, impacciati nei movimenti, scivolando e cadendo sul marmo bagnato, intorpiditi dall'acqua gelida, crivellati di proiettili, e quando i proiettili finiscono usiamo il calcio delle armi, ed arretriamo e poi all'improvviso...
Basta.
Non ce ne sono più.
Sopra di noi il tetto della struttura è aperto per tre quarti, l'acceso alla navicella è libero.
Respirando a fatica, mi guardo attorno.
Clo mi staguardando.
Ha la bocca aperta in una "o" sorpresa e la destra sollevata, e sul palmo della mano la mezzaluna di una ferita provocata da un morso profondo.
Mi guarda e per la prima volta nei suoi occhi c'è una scintilla di vita.
Cerca di dire qualcosa.
Poi la sua testa esplode.
Siamo solo io e Alfredo.
E lui ha ancora un'arma carica.
"Era spacciata comunque," mi dice. Scrolla il capo. "Povera puttana."
"Diamoci una mossa," dico io.
"Lo sai pilotare?"
"Fly-by-wire..." gli dico.
Ho scaricato il manuale da internet.
E con un nuovo ruggito, l'ultima carica dei gialli è su di noi.

0 commenti: