La periferia di Milano è come tutte le periferie delle grandi città: brutta, sporca, e zeppa di mostri che ti vogliono mangiare vivo.
Devi continuare a pensare a loro come a mostri e non come ad esseri umani infetti, o ti si scardina il cervello e finisci conciato peggio di loro.
Sono mostri.
Zombie.
Gialli.
Ce n'è una quantità enorme.
E hanno fame.
I problemi cominciano nel momento in cui usciamo dalla tangenziale.
Capannoni, scatole di calcestruzzo, lotti sfitti.
Mobilifici, discount, teatri e arene coperte, tutto immerso nella luce lattiginosa dell'alba, tutto morto.
Sagome incerte si muovono nella distanza.
Alfredo mi dice di puntare verso il centro.
Gira a sinistra.
Gira a destra.
Il posto si chiama Piazza Freud.
Il genere di cosa che se la mettessi in un romanzo nessuno ci crederebbe.
Suda.
Fa un freddo becco, ma Alfredo suda.
La cosa non mi piace.
Non mi piace per niente.
Dietro di me, ad intervalli regolari, Ardo sussurra qualcosa in una lingua che non conosco nella ricetrasmittente Brondi.
Stevan gli risponde.
Ping.
Ping-back.
Io sono nato a Torino.
Torino ha una pianta romana a scacchiera.
Non ci si perde neanche se si è bendati e stupidi.
Milano è una città del cazzo con una pianta disegnata da uno schizofrenico, nella quale devo raggiungere un posto mai visto seguendo la segnaletica che porta alla stazione.
Rotonde ovali, incroci a otto vie stile Union Jack, viuzze strimilzite, vicoli ciechi.
Aggiungete al mix le cataste di auto bruciate risalenti all'epoca dei disordini, l'occasionale edificio crollato, gli ampi tratti allagati dove qualche corso d'acqua pavimentato per farci un parcheggio ha ripreso possesso del proprio spazio, immergete il tutto in una bella nebbia densa, ed avrete una mezza idea di quanto storta sia stata quest'idea fin dall'inizio.
Cosa ci facciamo in questo posto?
E le presenze continuano a muoversi nella nebbia.
Non sono l'unico ad averli notati.
"Potrebero non essere infetti," mi dice Alfredo, detergendosi la fronte. "Potrebbero essere sciacalli, saccheggiatori..."
Come se questo dovesse tranquillizzarmi.
Il parabrezza è antiproiettile, e lo scopro quando quattro colpi lo incrinano ma non lo attraversano, facendo sbocciare una strana costellazione di fratture.
La strada è bloccata da una barricata costruita con competenza.
Dalla sommità, un uomo solleva una carabina e strilla "Andatevene!"
Non è solo.
Porta una di quelle tute bianche da decontaminazione.
"Andatevene!"" ripete, "Noi qui estranei non ne vogliamo!"
Diero di noi, il suv di Stevan tossisce, fatica a rimettersi in moto, gratta maledettamente la marcia.
"Andatevene!" strilla di nuovo l'uomo sull abarricata. "Qui siamo gente per bene... non costringeteci a uccidervi!"
Stevan riesce finalmente a muoversi, e con cautela facciamo marcia inditro, senza dar loro il grattacapo di doverci ammazzare.
Se questa è la gente per bene, non voglio incontrare gli sciacalli.
Il tempo passa.Il sole sorge pallido e smorto sopra i tetti, ma le strade restano intasate dalla bruma, come acqua sporca sul fondo di un lavandino.
Seguiamo un ampio viale alberato, passiamo sotto ad una specie di ponte dei sospiri, poi svoltiamo in un labirinto di viuzze, e finalmente sbuchiamo davanti alla stazione.
"Gesù Cristo..."
Sono a migliaia.
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2 commenti:
(off): Ora voglio vedere come ne uscite, da questo puttanaio! ^_^ Non vedo l'ora, anche se sentirò la mancanza della Faina, quando il SB sarà finito ;)
Come ho detto altre volte.IN FAINA WE TRUST.
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