Lungo la Valle

dicembre 29, 2010

Per arrivare a Canelli ci vogliono tre giorni.
Nizza Monferrato è un guscio vuoto, gli edifici della periferia anneriti dal fuoco, quelli lungo l'asta del Belbo devastati dalle piene.
Piazza Garibaldi è un roveto costellato dalle carcasse aruginite di vecchie automobili, il vecchio supermercato si spalanca come una caverna, le vetrate sfondate, l'interno popolato, si presume, da bestie feroci.
Spostandosi verso sudovest, la strada è un colabrodo, l'asfalto eroso dalla pioggia, in un paio di tratti la sede stradale franata di pochi metri più in basso.
Calamandrana è un deserto.
Dalla cima di una collina, un ragazzo con una giacca verde troppo grande per lui mi rivolge contro una vecchia MP40 (possibile?) e strilla che noi tedeschi maledetti dovremo andarcene, prima o poi.
Una follia preferibile alla realtà contingente.

Due anni, e già il Monferrato sta tornando al suo stato selvatico - paludi, boschi, bestie feroci.
Senza la mano dell'uomo a regimare i torrenti e a sostenere i versanti, il paesaggio è semplicemente troppo dinamico per sostenere qualcosa di più di qualche piccola banda di disperati.
I fiumi straripano.
Le colline franano.
I boschi si riprendono campi e vigne.

Sul fondo della Valle Belbo, i Gialli sono appena più attivi.
Piccole bande che si trascinano da una cascina all'altra, un paio che, in preda alla disperazione, tentano di inseguire la mia automobile.

Le stazioni di servizio sono state prosciugate.
Anche facendo andare le pompe a manovella, se ne spreme pochissimo.
Conviene, quando si è sul punto di restare a secco, cambiare automobile.

Ancora case bruciate.

Di notte mi sistemo in un posto difendibile e dormo sul sedile di dietro.
Ma di notte, con la temperatura che scende fino a meno dieci, i Gialli non girano o, se girano, poi non girano più.
Una volpe passa davanti alla mia macchina, mi guarda con i suoi occhi luminosi, si allontana.
Siamo due bestie selvatiche in cerca di un rifugio.
Le auguro sommessamente buona fortuna.

Naturalmente so già cosa troverò a Canelli, e la città mi accoglie con la sua periferia fatta di scatole di calcestruzzo.
Ghiaccio nelle vie strette dove non batte il sole.
Vetrine infrante.
Poca vita intelligente, terrorizzata e vigliacca, che fugge all'avvicinarsi del motore della mia auto.
Niente Marchese.
Niente Milizia.
Niente Nuovo Ordine.
Solo una banda di razziatori che ha svuotato una vecchia caserma, e che ha scoperto che i sopravvissuti hanno un tale bisogno di struttura, qualsiasi struttura, che arrivare con una bandiera e dei proclami fascisti è un buon modo per avere cibo, e vino, e donne, ed un riparo per le lunghe notti d'inverno.
E poi?
Probabilmente, poi si brucia il paese e si passa a quello successivo.

Mi scopro a ridere, nonostante tutto.

Entro in un improbabile internet café.
C'è un grosso gruppo di continuità nekl ripostiglio, sotto a pacchi di carta per stampante.
C'è corrente, c'è rete.
Mando queste poche righe, e poi vedo di trovarmi un posto per la notte.

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