Hanno sfondato.
Arrivano.
Vicolo cieco
dicembre 30, 2010
Canelli non era una bella città neanche prima.
Forse per questo, ora che la civilà è crollata, il posto pullula di infetti.
L'ho scoperto dopo aver inviato l'ultimo post - quando erano già fra me e l'automobile.
Ora sono asserragliato in una agenzia di viaggi dalle parti di Piazza Gioberti.
Perché un'agenzia di viaggi?
Perché aveva una saracinesca che si poteva abbassare a mano e bloccare meccanicamente.
Non un granché, ma ero stanco di correre, ed avere un posto in cui fermarsi pareva una buona idea.
Perciò ora sono qui, tra un poster che mi propone una vacanza a Rio ed una geisha sorridente sotto ai fiori di ciliegio.
La rete funziona - per cui potrei prenotare un volo per qualsiasi angolo del mondo - se solo ci fossero ancora dei voli.
Inve ci sono solo una quindicina di Gialli in preda ad una furia omicida - feeding frenzy, eh? - che fa loro ignorare il freddo.
Un paio, i più deragliati, si gettano contro la saracinesca a corpo morto, cercando, chissà, di sfondarla, o magari di attraversarla.
Gli altri pascolano sulla via davanti all'ingresso.
Uno se ne sta in disparte, e osserva.
È quello che mi preoccupa di più.
La dotazione è scarsa.
Quindici cartucce a pallettoni, dieci monopalla.
Una confezione di merendine al cioccolato.
Circa due litri d'acqua.
Sembra che io mi sia cacciato in un vicolo cieco.
Prima o poi doveva succedere.
Forse per questo, ora che la civilà è crollata, il posto pullula di infetti.
L'ho scoperto dopo aver inviato l'ultimo post - quando erano già fra me e l'automobile.
Ora sono asserragliato in una agenzia di viaggi dalle parti di Piazza Gioberti.
Perché un'agenzia di viaggi?
Perché aveva una saracinesca che si poteva abbassare a mano e bloccare meccanicamente.
Non un granché, ma ero stanco di correre, ed avere un posto in cui fermarsi pareva una buona idea.
Perciò ora sono qui, tra un poster che mi propone una vacanza a Rio ed una geisha sorridente sotto ai fiori di ciliegio.
La rete funziona - per cui potrei prenotare un volo per qualsiasi angolo del mondo - se solo ci fossero ancora dei voli.
Inve ci sono solo una quindicina di Gialli in preda ad una furia omicida - feeding frenzy, eh? - che fa loro ignorare il freddo.
Un paio, i più deragliati, si gettano contro la saracinesca a corpo morto, cercando, chissà, di sfondarla, o magari di attraversarla.
Gli altri pascolano sulla via davanti all'ingresso.
Uno se ne sta in disparte, e osserva.
È quello che mi preoccupa di più.
La dotazione è scarsa.
Quindici cartucce a pallettoni, dieci monopalla.
Una confezione di merendine al cioccolato.
Circa due litri d'acqua.
Sembra che io mi sia cacciato in un vicolo cieco.
Prima o poi doveva succedere.
Lungo la Valle
dicembre 29, 2010
Per arrivare a Canelli ci vogliono tre giorni.
Nizza Monferrato è un guscio vuoto, gli edifici della periferia anneriti dal fuoco, quelli lungo l'asta del Belbo devastati dalle piene.
Piazza Garibaldi è un roveto costellato dalle carcasse aruginite di vecchie automobili, il vecchio supermercato si spalanca come una caverna, le vetrate sfondate, l'interno popolato, si presume, da bestie feroci.
Spostandosi verso sudovest, la strada è un colabrodo, l'asfalto eroso dalla pioggia, in un paio di tratti la sede stradale franata di pochi metri più in basso.
Calamandrana è un deserto.
Dalla cima di una collina, un ragazzo con una giacca verde troppo grande per lui mi rivolge contro una vecchia MP40 (possibile?) e strilla che noi tedeschi maledetti dovremo andarcene, prima o poi.
Una follia preferibile alla realtà contingente.
Due anni, e già il Monferrato sta tornando al suo stato selvatico - paludi, boschi, bestie feroci.
Senza la mano dell'uomo a regimare i torrenti e a sostenere i versanti, il paesaggio è semplicemente troppo dinamico per sostenere qualcosa di più di qualche piccola banda di disperati.
I fiumi straripano.
Le colline franano.
I boschi si riprendono campi e vigne.
Sul fondo della Valle Belbo, i Gialli sono appena più attivi.
Piccole bande che si trascinano da una cascina all'altra, un paio che, in preda alla disperazione, tentano di inseguire la mia automobile.
Le stazioni di servizio sono state prosciugate.
Anche facendo andare le pompe a manovella, se ne spreme pochissimo.
Conviene, quando si è sul punto di restare a secco, cambiare automobile.
Ancora case bruciate.
Di notte mi sistemo in un posto difendibile e dormo sul sedile di dietro.
Ma di notte, con la temperatura che scende fino a meno dieci, i Gialli non girano o, se girano, poi non girano più.
Una volpe passa davanti alla mia macchina, mi guarda con i suoi occhi luminosi, si allontana.
Siamo due bestie selvatiche in cerca di un rifugio.
Le auguro sommessamente buona fortuna.
Naturalmente so già cosa troverò a Canelli, e la città mi accoglie con la sua periferia fatta di scatole di calcestruzzo.
Ghiaccio nelle vie strette dove non batte il sole.
Vetrine infrante.
Poca vita intelligente, terrorizzata e vigliacca, che fugge all'avvicinarsi del motore della mia auto.
Niente Marchese.
Niente Milizia.
Niente Nuovo Ordine.
Solo una banda di razziatori che ha svuotato una vecchia caserma, e che ha scoperto che i sopravvissuti hanno un tale bisogno di struttura, qualsiasi struttura, che arrivare con una bandiera e dei proclami fascisti è un buon modo per avere cibo, e vino, e donne, ed un riparo per le lunghe notti d'inverno.
E poi?
Probabilmente, poi si brucia il paese e si passa a quello successivo.
Mi scopro a ridere, nonostante tutto.
Entro in un improbabile internet café.
C'è un grosso gruppo di continuità nekl ripostiglio, sotto a pacchi di carta per stampante.
C'è corrente, c'è rete.
Mando queste poche righe, e poi vedo di trovarmi un posto per la notte.
Nizza Monferrato è un guscio vuoto, gli edifici della periferia anneriti dal fuoco, quelli lungo l'asta del Belbo devastati dalle piene.
Piazza Garibaldi è un roveto costellato dalle carcasse aruginite di vecchie automobili, il vecchio supermercato si spalanca come una caverna, le vetrate sfondate, l'interno popolato, si presume, da bestie feroci.
Spostandosi verso sudovest, la strada è un colabrodo, l'asfalto eroso dalla pioggia, in un paio di tratti la sede stradale franata di pochi metri più in basso.
Calamandrana è un deserto.
Dalla cima di una collina, un ragazzo con una giacca verde troppo grande per lui mi rivolge contro una vecchia MP40 (possibile?) e strilla che noi tedeschi maledetti dovremo andarcene, prima o poi.
Una follia preferibile alla realtà contingente.
Due anni, e già il Monferrato sta tornando al suo stato selvatico - paludi, boschi, bestie feroci.
Senza la mano dell'uomo a regimare i torrenti e a sostenere i versanti, il paesaggio è semplicemente troppo dinamico per sostenere qualcosa di più di qualche piccola banda di disperati.
I fiumi straripano.
Le colline franano.
I boschi si riprendono campi e vigne.
Sul fondo della Valle Belbo, i Gialli sono appena più attivi.
Piccole bande che si trascinano da una cascina all'altra, un paio che, in preda alla disperazione, tentano di inseguire la mia automobile.
Le stazioni di servizio sono state prosciugate.
Anche facendo andare le pompe a manovella, se ne spreme pochissimo.
Conviene, quando si è sul punto di restare a secco, cambiare automobile.
Ancora case bruciate.
Di notte mi sistemo in un posto difendibile e dormo sul sedile di dietro.
Ma di notte, con la temperatura che scende fino a meno dieci, i Gialli non girano o, se girano, poi non girano più.
Una volpe passa davanti alla mia macchina, mi guarda con i suoi occhi luminosi, si allontana.
Siamo due bestie selvatiche in cerca di un rifugio.
Le auguro sommessamente buona fortuna.
Naturalmente so già cosa troverò a Canelli, e la città mi accoglie con la sua periferia fatta di scatole di calcestruzzo.
Ghiaccio nelle vie strette dove non batte il sole.
Vetrine infrante.
Poca vita intelligente, terrorizzata e vigliacca, che fugge all'avvicinarsi del motore della mia auto.
Niente Marchese.
Niente Milizia.
Niente Nuovo Ordine.
Solo una banda di razziatori che ha svuotato una vecchia caserma, e che ha scoperto che i sopravvissuti hanno un tale bisogno di struttura, qualsiasi struttura, che arrivare con una bandiera e dei proclami fascisti è un buon modo per avere cibo, e vino, e donne, ed un riparo per le lunghe notti d'inverno.
E poi?
Probabilmente, poi si brucia il paese e si passa a quello successivo.
Mi scopro a ridere, nonostante tutto.
Entro in un improbabile internet café.
C'è un grosso gruppo di continuità nekl ripostiglio, sotto a pacchi di carta per stampante.
C'è corrente, c'è rete.
Mando queste poche righe, e poi vedo di trovarmi un posto per la notte.
Giorno di Natale 2015
dicembre 25, 2010
La comunità necessita di rituali per riconoscersi come tale.
E quale rituale migliore di un bel rogo di libri?
Il rogo di libri è un classico del totalitarismo, perché svolge più funzioni diverse -
Mah, al centro dela piazza del municipio hanno ammassato tutto il contenuto degli scaffali scientifici della biblioteca comunale, incluse le enciclopedie.
E i libri di storia.
Tempo una generazione, e saper mettere insieme un mulino a vento o cambiare le candele ad una WolksVagen sarà il segno di appartenenza ad una élite.
Attorno alle undici della vigilia, le campane suonano e la popolazione viene riunita sulla piazza.
Viene distribuito cibo.
Zuppa di verdura, stufato di carne.
Panettone.
Il governatore raggiunge la catasta di libri, insieme con due delle sue donne.
Loro sono palesemente fatte, lui è compiaciuto e ben nutrito.
Legge l'ultimo messaggio arrivato via radio da Canelli.
I gialli sono ancora una minaccia ma i centri abitati sono sicuri.
Le scorte di cibo e medicinali crescono.
Il futuro è brillante.
And party on, dudes.
Viene appiccato il fuoco ai libri.
Un vetusto ghetto blaster comincia a suonare Last Christmas...
L'uomo con l'arma lunga deve morire, e deve morire per primo.
Quello piazzato sulla balconata del municipio perché se fosse rimasto sul campanile lo scampanio a festa l'avrebbe assordato.
Trenta metri.
Niente vento.
Con un arco più leggero o con una freccia più pesante, dovrei calcolare la parabola, ma con un 70 libbre è come scoccare a dieci pasi di distanza.
la freccia vola sopra la piazza, e inchioda l'uomo col fucile alle imposte del municipio.
La contrazione naturale del musciolo gli fa splodere un colpo, che rimbomba nella piazza sopra al crepitare del fuoco.
E il secondo uomo comincia a strillare, e casca a terra.
La punta da cinghiale è come un coltello a scatto montato su una punta d'acciaio.
La freccia da cinghiali non è fatta per passare attraverso il corpo del bersaglio - è fatta per penetrare, ed aprirsi come un ventaglio, due lame d'acciaio affilate come rasoi il cui solo scopo è abbattere e far morire alla svelta il bersaglio.
Si tira alla spina dorsale o, se possibile al cuore.
Se il bersaglio è un cinghiale.
Se il bersaglio è un idiota con un fucile d'assalto e senza la disciplina di un militare stagionato, si tira alla coscia.
Lo scopo non è quello di ucciderlo - anche se potrebbe capitare - ma di storpiarlo, traumatizzarlo, e fargli perdere un sacco di sangue, in modo che poi svenga, ma prima strilli un sacco.
Con settanta libbre di spinta, una freccia da cinghiali in una coscia passa da parte a parte, portandosi via un pezzo di polpa grosso come una palla tennis, e zeppo di schegge di femore.
Non bello, ma efficace.
Incocco e colpisco il terzo.
Sarebbe facile trovarmi ed abbatermi.
Sono in piedi sopra al tetto del vecchio albergo, anche un po' preoccupato perché col mio dolce peso le tegole potrebbero cedere da un momento all'altro.
Sarebbe facile localizzarmi.
Un arcere contro una dozzina di uomini con armi automatiche?
Vogliamo scherzare?
Ma hanno la luce del falò che li acceca, e i tetti per loro sono immersi nelle tenebre più assolute.
Ogni freccia lascia l'arco con uno schiocco simile a quello di una guida telefonica sbatuta con forza su un tavolo, ma Geoprge Michael e le grida coprono il suono.
Conto di avere cinque colpi, prima di dovermi spostare.
L'ultimo è per il governatore.
Abbaia, sbracciandosi, dando ordini confusi ai suoi uomini in preda al panico, mentre il rwesto della popolazione corre da tutte le parti.
Stringe un pistoone tanto vistoso quanto inutile.
Inspirazione.
L'arco è una corda tesa che congiunge il cielo e la terra.
Il legno si piega con un gemito.
L'arcere è la distanza che separa freccia e bersaglio.
Distolgo lo sguardo.
Non c'è freccia.
Non c'è bersaglio.
Scocco.
L'asta attraversa l'aria, supera la cortina di fiamme, e si conficca trenta centimetri più in alto di quanto avessi deciso, appena sopra la cintura del governatore, la cui voce si spegne in un rantolo, e poi lui si piega - pessima idea, deve fare ancora più male - spara uno due tre colpi.
Una delle ragazze drogate cade a terra con la testa sfondata da un proiettile.
L'altra scappa.
Il governatore è immobile.
Se non l'ha ammazzato la freccia, le possibilità sono buone che ci penserà la peritonite.
Poi gli uomini cominciano a sparare a caso, verso l'alto.
La notte si riempie di piombo, polvere d'intonaco e schegge di tegole.
Attraverso l'abbaino.
Giù per due rampe di scale.
Fuori dalla finestra sul retro.
Via per il vicolo.
Giro l'angolo e sbatto contro un ragazzino con un SC70 al collo più grosso di lui.
Mi guarda con gli occhi sgranati.
Siamo troppo vicini.
Il mio arco ed il suo fucile non servono a nulla.
Tenta di colpirmi col calcio.
Mi prende alla spalla, io ruoto col colpo, cercando di assorbire il colpo, cercando di ignorare il dolore, con la sinistra sfilo una freccia dalla faretra e con tutta la forza che ho in corpo gliela pianto fra la spalla ed il collo, a mano, come se fosse uno spiedo.
Poi lo stendo con una spallata e ricomincio a correre.
È ora di andarsene da questo paese di merda.
E quale rituale migliore di un bel rogo di libri?
Il rogo di libri è un classico del totalitarismo, perché svolge più funzioni diverse -
- Crea un senso di comunità.
- Identifica un nemico molto vago e plastico.
- Elimina le informazioni che - in un mondo neofeudale - fanno la differenza fra chi sta sopra e chi sta sotto.
- Rafforza l'idea che occuparsi di certe cose è sbagliato - e quindi, ancora una volta, rafforza la stratificazione fra quelli che sanno, e quelli che no.
Mah, al centro dela piazza del municipio hanno ammassato tutto il contenuto degli scaffali scientifici della biblioteca comunale, incluse le enciclopedie.
E i libri di storia.
Tempo una generazione, e saper mettere insieme un mulino a vento o cambiare le candele ad una WolksVagen sarà il segno di appartenenza ad una élite.
Attorno alle undici della vigilia, le campane suonano e la popolazione viene riunita sulla piazza.
Viene distribuito cibo.
Zuppa di verdura, stufato di carne.
Panettone.
Il governatore raggiunge la catasta di libri, insieme con due delle sue donne.
Loro sono palesemente fatte, lui è compiaciuto e ben nutrito.
Legge l'ultimo messaggio arrivato via radio da Canelli.
I gialli sono ancora una minaccia ma i centri abitati sono sicuri.
Le scorte di cibo e medicinali crescono.
Il futuro è brillante.
And party on, dudes.
Viene appiccato il fuoco ai libri.
Un vetusto ghetto blaster comincia a suonare Last Christmas...
L'uomo con l'arma lunga deve morire, e deve morire per primo.
Quello piazzato sulla balconata del municipio perché se fosse rimasto sul campanile lo scampanio a festa l'avrebbe assordato.
Trenta metri.
Niente vento.
Con un arco più leggero o con una freccia più pesante, dovrei calcolare la parabola, ma con un 70 libbre è come scoccare a dieci pasi di distanza.
la freccia vola sopra la piazza, e inchioda l'uomo col fucile alle imposte del municipio.
La contrazione naturale del musciolo gli fa splodere un colpo, che rimbomba nella piazza sopra al crepitare del fuoco.
E il secondo uomo comincia a strillare, e casca a terra.
La punta da cinghiale è come un coltello a scatto montato su una punta d'acciaio.
La freccia da cinghiali non è fatta per passare attraverso il corpo del bersaglio - è fatta per penetrare, ed aprirsi come un ventaglio, due lame d'acciaio affilate come rasoi il cui solo scopo è abbattere e far morire alla svelta il bersaglio.
Si tira alla spina dorsale o, se possibile al cuore.
Se il bersaglio è un cinghiale.
Se il bersaglio è un idiota con un fucile d'assalto e senza la disciplina di un militare stagionato, si tira alla coscia.
Lo scopo non è quello di ucciderlo - anche se potrebbe capitare - ma di storpiarlo, traumatizzarlo, e fargli perdere un sacco di sangue, in modo che poi svenga, ma prima strilli un sacco.
Con settanta libbre di spinta, una freccia da cinghiali in una coscia passa da parte a parte, portandosi via un pezzo di polpa grosso come una palla tennis, e zeppo di schegge di femore.
Non bello, ma efficace.
Incocco e colpisco il terzo.
Sarebbe facile trovarmi ed abbatermi.
Sono in piedi sopra al tetto del vecchio albergo, anche un po' preoccupato perché col mio dolce peso le tegole potrebbero cedere da un momento all'altro.
Sarebbe facile localizzarmi.
Un arcere contro una dozzina di uomini con armi automatiche?
Vogliamo scherzare?
Ma hanno la luce del falò che li acceca, e i tetti per loro sono immersi nelle tenebre più assolute.
Ogni freccia lascia l'arco con uno schiocco simile a quello di una guida telefonica sbatuta con forza su un tavolo, ma Geoprge Michael e le grida coprono il suono.
Conto di avere cinque colpi, prima di dovermi spostare.
L'ultimo è per il governatore.
Abbaia, sbracciandosi, dando ordini confusi ai suoi uomini in preda al panico, mentre il rwesto della popolazione corre da tutte le parti.
Stringe un pistoone tanto vistoso quanto inutile.
Inspirazione.
L'arco è una corda tesa che congiunge il cielo e la terra.
Il legno si piega con un gemito.
L'arcere è la distanza che separa freccia e bersaglio.
Distolgo lo sguardo.
Non c'è freccia.
Non c'è bersaglio.
Scocco.
L'asta attraversa l'aria, supera la cortina di fiamme, e si conficca trenta centimetri più in alto di quanto avessi deciso, appena sopra la cintura del governatore, la cui voce si spegne in un rantolo, e poi lui si piega - pessima idea, deve fare ancora più male - spara uno due tre colpi.
Una delle ragazze drogate cade a terra con la testa sfondata da un proiettile.
L'altra scappa.
Il governatore è immobile.
Se non l'ha ammazzato la freccia, le possibilità sono buone che ci penserà la peritonite.
Poi gli uomini cominciano a sparare a caso, verso l'alto.
La notte si riempie di piombo, polvere d'intonaco e schegge di tegole.
Attraverso l'abbaino.
Giù per due rampe di scale.
Fuori dalla finestra sul retro.
Via per il vicolo.
Giro l'angolo e sbatto contro un ragazzino con un SC70 al collo più grosso di lui.
Mi guarda con gli occhi sgranati.
Siamo troppo vicini.
Il mio arco ed il suo fucile non servono a nulla.
Tenta di colpirmi col calcio.
Mi prende alla spalla, io ruoto col colpo, cercando di assorbire il colpo, cercando di ignorare il dolore, con la sinistra sfilo una freccia dalla faretra e con tutta la forza che ho in corpo gliela pianto fra la spalla ed il collo, a mano, come se fosse uno spiedo.
Poi lo stendo con una spallata e ricomincio a correre.
È ora di andarsene da questo paese di merda.
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Italiani, brava gente
dicembre 24, 2010
Ogni mattina, la popolazione superstite (una quarantina di persone) viene riunita sulla piazza del municipio.
Il panzone barbarossa legge loro le ultime novità arrivate via radio da Canelli, dove il sole sorge ogni mattina dal buco del culo del Marchese (o così parrebbe da quanto si pompa).
La popolazione applaude.
Poi vengono divisi in squadre, e proceono al saccheggio sistematico delle case e delle cascine abbandonate.
Ogni squadra di cittadini è accompagnata da tre uomini armati di fucile d'assalto, come difesa dai pochi gialli che si trascinano verso il paese attraverso i campi innevati.
Cercano cibo, medicinali, armi e munizioni, equipaggiamento tecnologico.
La cantina sociale è stata ripulita.
Hanno recuperato un carro attrezzi dall'officina sulla strada per Incisa, e due SUV sono stati cooptati per il trasporto delle truppe.
Alle otto di sera, dopo la distribuzione di cibo agli operai, coprifuoco.
Le vetture di ronda cominciano a girare.
Esistono delle eccezioni, dei casi particolari.
Già un paio degli uomini si sono arruolati, ed hanno fatto il salto della barricata.
Sono quelli ai quali non sono state ancora assegnate le armi automatiche.
Spesso - due/tre volte la settimana - il pulmino lascia il paese alle sette, e rientra attorno alle otto.
Ne scendono una mezza dozzina di ragazze che ridacchiano e barcollano verso il municipio - dove vanno ragionevolmente a rinforzare le cinque che il governatore ha "arruolato" al suo arrivo in paese.
Gli esseri umani sono estremamente adattabili.
Dopo l'esecuzione del parroco e del vicesindaco nell'autocisterna dei gialli, solo altre due persone - colpevoli di aver cercato di sottrarre cibo durante la raccolta - sono finite in pasto agli infetti.
Ed ora il popolo applaude felice ogni nuovo proclama invato via radio dalla reggia di Canelli.
In fondo, hanno cibo, protezione, qualcuno che si prende le responsabilità al posto loro. E chissà, con un po' di fortuna le loro figlie potrebbero avere una opportunità di carriera in municipio.
Dopo il fattaccio del mulino, io non sono particolarmente popolare.
Famigerato, è la parola adatta.
Mi chiamano La Faina - animaletto odioso che si insinua nei pollai per rubare.
Mi vogliono vivo.
"Preferibilmente vivo" dicono i manifesti fotocopiati.
Che poi, perché perder tempo a stamparli e affiggerli, quando tutta la popolazione è informata...?
E così, io li osservo da lontano, mi lecco le ferite, e aspetto il mio momento.
Lasciamo che pensino che io abbia abbandonato l'area.
Di notte, al buio, striscio lungo i megahertz con la mia vecchia radiolina multibanda.
C'è un sacco di statica.
C'è un disc jockey asserragliato nella sua stazione da qualche parte nel'appennino che mette vecchia musica anni '70 e '80 e parla a ruota libera.
Ha la stessa voce di mio fratello.
Ci sono segnali discontinui, dalla Sopagna, dalla Francia.
Ci sono voci che discutono in tedesco.
Un canale in giapponese.
Ma io da Canelli non ho ancora mai captato nulla.
Strano, eh?
Ma c'è altro a cui pensare.
Domani è Natale.
Domani è festa.
Il Mulino
dicembre 23, 2010
Potrei sempre dire che non sono stato io.
In fondo è vero.
Il raid notturno in cerca di una nuova batteria non va come previsto.
Io scappo.
Loro mi inseguono.
Strategia di uscita: passando per il vecchio mulino, si può saltare il ponte a est del paese, schivando il blindato di guardia.
Arrivo al mulino.
Mi stanno dietro.
Sparano, ma non è facile come abbattere infetti semicongelati.
Entro nel mulino.
Mi seguono.
Sono ormai dall'altra parte quando uno dei deficienti decide che un flare al magnesio potrebbe aiutare.
Regola per sopravvivere: mai mai mai accendere una fiamma libera in un mulino.
Il botto devono averlo sentito da Milano.
La palla di fuoco erutta attraverso le finestre del mulino, il tetto crolla, piovono tegole fiammeggianti fin sulla piazza del municipio, lo spostamento d'aria mi sbatte nel Belbo e ne riemergo cinquecento metri a valle, con le orecchie che ronzano e le fiamme che tingono di giallo la notte sotto la neve.
Poi esplode il blindato, investito dalle macerie fiammeggianti del mulino.
Rientro nella mia tana semiassiderato, coperto di tagli, e senza la batteria.
Ma ora, ammettiamolo, sono molto, molto popolare.
Anche se popolare forse è la parola sbagliata.
Aggiornamento sulle ultime due settimane - 1
Regola per sopravvivere - mai entrare se non si ha una buona strategia di uscita.
La mia strategia di uscita passava per il vecchio mulino.
Ma procediamo con ordine.
Ho lasciato la baracca fra i boschi per via del giallo gelato che faceva da paracarro fuori dalla mia porta.
Una lunga corsa, nel cuore della notte, giù per il pendio, in quello che era un tempo un campo di grano, fino alla prima casa.
Due ruzzoloni, una storta alla caviglia.
Niente cani.
Niente allarmi.
Porta sul davanti chiusa col mezzo giro - tre minuti netti per aprirla.
Chi abitava qui?
Non lo so, e non ho modo di identificare il corpo che sta seduto nel soggiorno, riverso su una bella poltrona di pelle, la doppietta a terra, il soffitto spruzzato di buro, incrostato di grumi orribili.
Perché si è fatto saltare la testa?
Era infetto?
Mi rendo conto di trattenere il respiro mentre evito la stanza e, passando per la grande cucina all'americana, mi sposto sul retro.
I fari dell'auto di ronda spazzano le pareti.
Io non sono qui.
Voi non mi vedete.
Altri due cadaveri al piano di sopra.
Il mio ignoto ospite ha impallinato la moglie e la figlia mentre dormivano insieme nel letto grande, e poi si è bruciato le cervella.
Mi sa più di panico e disperazione che di infezione, ma in questo posto ci resto il meno possibile.
Il padrone di casa era un cacciatore.
Ha una stanza con una testa di cinghiale impagliata, foto di tizi vestiti di verde con dei cani, una rastrelliera con tre fucili, una cassapanca con due grosse cartuccere, una mezza dozzina di scatole di cartucce e due grossi involti.
Frecce.
In un pacchetto a parte, ventiquattro teste da caccia al cinghiale MeatSeeker e, in un cofanetto come gioielli, due Buckbuster da 125 grani.
Le sfioro con reverenza, e a momenti ci rimetto un pollice.
Appesi sopra al camino a pellett ci sono anche due archi.
Uno è un compound da killer, con bilancere corto sotto al grip e faretra a scatto sul fianco.
Sembra un'arma Klingon.
Probabilmente è un'arma Klingon.
Non ho mai usato un compound.
L'altro è una meraviglia, un Tomahawk Woodland alto come un bambino di dieci anni, che costa come un'utilitaria.
La tentazione è troppo forte.
Lo sgancio dal supporto.
Non è pesantissimo.
La stampigliatura sul grip dice 60"/70/28".
Ci posso stare.
Mi metto in cerca di una faretra.
In totale, passo cinque giorni nella casa dei morti.
Trovo la cassetta del pronto soccorso, e applico abbondante Lasonil ala caviglia dolente.
Trovo anche i quattro cani, freddati a fucilate nel garage.
C'è un vecchio Doblò con il serbatoio pieno, e la batteria morta.
C'è una dispensa di cibi conservati inscatolati prima dell'aprile 2014.
Resta da decidere - restare, o andarmene.
Se voglio andarmene, mi serve una batetria in buone condizioni.
Il fascio giallo dei fari attraverso le mie finestre, tre volte per notte, mi dice dove trovarla.
Ma per andare a prendere la batteria, mi serve una strategia di uscita.
E la mia strategia di uscita passa per il vecchio mulino.
Il tempo è dalla nostra parte
dicembre 20, 2010
Ok, voglio approfittare di questi momenti di tranquillità, dell'energia e della connessione per fare alcune considerazioni a futura memoria.
E no, grazie, eviterò se non vi dispiace di rivelare la mia esatta posizione - è bello che la popolazione della Valle Belbo al momento sia ansiosa di incontrarmi, un po' meno bello che il principale motivo dietro a questo desiderio sia di vedere la miatesta in cima ad una picca.
ma ci sarà tempo per parlare di questo.
Spero.
Ciò di cui desidero parlare qui ed ora è di ecologia.
E di matematica.
Non fate quella faccia - non sarà così spiacevole.
Il lato ironico di tutta questa maledetta faccenda, vedete, è che io, prima del contagio, ero uno specialista nello studio delle estinzioni di massa.
Quindi credetemi, so di cosa sto parlando.
Da un punto di vista ecologico, vedete, gli infetti, i gialli, sono un superpredatore con una catena alimentare maledettamente corta.
È qui che il vecchio modello di Ottawa fa cilecca.
Ma non divaghiamo.
Il punto è che gli infetti non sono particolarmente efficienti né nel diffondere il contagio, né nel procurarsi il cibo.
L'esplosione pandemica è stata innescata sostanzialmente dal fatto che l'ecosistema nel quale i gialli hanno cominciato ad operare era loro favorevole - un sacco di vittime, di potenziali infetti, di fonti di cibo.
Come chiunque può constatare guardando dalla finestra, ora la situazione non è più tale.
Allo stato attuale, il cibo comincia a scarseggiare, ed ogni infetto morto è un infetto in meno.
Spannometricamente, l'infezione ha raggiunto l'apice a ottobre, e quindi ora come ora è solo questione di sedersi in un posto tranquillo e ben difeso, e tenere la posizione per i prossimi... mah, sei mesi nelle zone temperate.
Meno nelle zone fredde, dove l'inverno sta contribuendo a falciare la popolazione infetta - l'infezione pare comportare un danno neurale tale da impedire agli infetti di compiere azioni complesse (come cercarsi un posto al caldo e aspettare).
Qui dove sono io, a cavallo fra gennaio e febbraio toccheremo i -10 durante le notti, e questo semplificherà un sacco di cose.
Insomma, come cantavano i Rolling Stones, il tempo è dalla nostra parte.
Ma è qui che la situazione prende una piega sinistra.
È qui che entrano in gioco il mio amico Marchese del Monferrato, i movimenti di truppe che paiono far tornare la Pianura Padana ai tempi della Guerra dei Trent'anni ed anche le voci - segnalate da alcune fonti - di raid organizzati dal Governo Cameron per recuperare nelle badlands personale utile al non proprio liberale governo britannico.
Perché se questo è il tramonto della pandemia, l'ultima scena per le orde affamate di sangue dei gialli, allora, dopo, tutto sarà più facile.
E per chiunque volesse scavarsi il proprio piccolo (o grande) dominio feudale nel mondo a venire, deve agire ora.
Ora che la paura dei gialli è ncora alta, e le comunicazioni sono scarse.
Ora che bastano cinquanta idioti in uniforme per assumere il ruolo di paladini dell'ordine davanti all'avanzata delle orde del caos.
La matematica è alla nostra parte.
Le orde del caos sono de facto ferme, e presto non avranno comunque nessun posto dove andare.
È l'ora dei dittatori, dei piccoli Hitler.
Se falliscono nel rafforzare la prorpia base adesso, dopo saranno ancora più in difficoltà.
Ed io intendo fare tutto il possibile perché il mmi personale piccolo Hitler e le sue truppe se ne tornino in coda all'ufficio di collocamento.
E se questo significherà far saltare per aria un altro mulino, beh... non si pu fare una frittata senza rompere le uova.
E no, grazie, eviterò se non vi dispiace di rivelare la mia esatta posizione - è bello che la popolazione della Valle Belbo al momento sia ansiosa di incontrarmi, un po' meno bello che il principale motivo dietro a questo desiderio sia di vedere la miatesta in cima ad una picca.
ma ci sarà tempo per parlare di questo.
Spero.
Ciò di cui desidero parlare qui ed ora è di ecologia.
E di matematica.
Non fate quella faccia - non sarà così spiacevole.
Il lato ironico di tutta questa maledetta faccenda, vedete, è che io, prima del contagio, ero uno specialista nello studio delle estinzioni di massa.
Quindi credetemi, so di cosa sto parlando.
Da un punto di vista ecologico, vedete, gli infetti, i gialli, sono un superpredatore con una catena alimentare maledettamente corta.
È qui che il vecchio modello di Ottawa fa cilecca.
Ma non divaghiamo.
Il punto è che gli infetti non sono particolarmente efficienti né nel diffondere il contagio, né nel procurarsi il cibo.
L'esplosione pandemica è stata innescata sostanzialmente dal fatto che l'ecosistema nel quale i gialli hanno cominciato ad operare era loro favorevole - un sacco di vittime, di potenziali infetti, di fonti di cibo.
Come chiunque può constatare guardando dalla finestra, ora la situazione non è più tale.
Allo stato attuale, il cibo comincia a scarseggiare, ed ogni infetto morto è un infetto in meno.
Spannometricamente, l'infezione ha raggiunto l'apice a ottobre, e quindi ora come ora è solo questione di sedersi in un posto tranquillo e ben difeso, e tenere la posizione per i prossimi... mah, sei mesi nelle zone temperate.
Meno nelle zone fredde, dove l'inverno sta contribuendo a falciare la popolazione infetta - l'infezione pare comportare un danno neurale tale da impedire agli infetti di compiere azioni complesse (come cercarsi un posto al caldo e aspettare).
Qui dove sono io, a cavallo fra gennaio e febbraio toccheremo i -10 durante le notti, e questo semplificherà un sacco di cose.
Insomma, come cantavano i Rolling Stones, il tempo è dalla nostra parte.
Ma è qui che la situazione prende una piega sinistra.
È qui che entrano in gioco il mio amico Marchese del Monferrato, i movimenti di truppe che paiono far tornare la Pianura Padana ai tempi della Guerra dei Trent'anni ed anche le voci - segnalate da alcune fonti - di raid organizzati dal Governo Cameron per recuperare nelle badlands personale utile al non proprio liberale governo britannico.
Perché se questo è il tramonto della pandemia, l'ultima scena per le orde affamate di sangue dei gialli, allora, dopo, tutto sarà più facile.
E per chiunque volesse scavarsi il proprio piccolo (o grande) dominio feudale nel mondo a venire, deve agire ora.
Ora che la paura dei gialli è ncora alta, e le comunicazioni sono scarse.
Ora che bastano cinquanta idioti in uniforme per assumere il ruolo di paladini dell'ordine davanti all'avanzata delle orde del caos.
La matematica è alla nostra parte.
Le orde del caos sono de facto ferme, e presto non avranno comunque nessun posto dove andare.
È l'ora dei dittatori, dei piccoli Hitler.
Se falliscono nel rafforzare la prorpia base adesso, dopo saranno ancora più in difficoltà.
Ed io intendo fare tutto il possibile perché il mmi personale piccolo Hitler e le sue truppe se ne tornino in coda all'ufficio di collocamento.
E se questo significherà far saltare per aria un altro mulino, beh... non si pu fare una frittata senza rompere le uova.
Alla macchia
dicembre 11, 2010
Un settiamana alla macchia.
I rastrellamenti continuano.
Gli uomini del Marchese si sono piazzati nel palazzo del comune, ed escono all'alba per impallinare i gialli allo sbando sulle colline, e per raccattare i sopravvissuti.
Si muovono quando la temperatura è al minimo.
Due notti or sono, hanno dato alle fiamme il Gran Canyon.
C'era una coppia, dentro.
Rgazzi di forse vent'anni.
Buona idea, quella di barricarsi in un pub sperduto fra i colli, con la tua ragazza e una borsata di armi da fuoco.
Non avevano molta voglia di andarsene, in effetti.
E così li hanno stanati col fuoco.
Quando sono usciti, li hanno presi e ci hanno fatto quello che volevano.
Ed io pens ai quintali di provviste mandati in fumo, e sento più dolore per quelli che per la ragazza violentata in sequenza, o per il suo compagno battuto coi calci dei fucili, e obbligato a guardare.
Devo inventarmi qualcosa.
Sto diventando peggio di un animale.
Il fuoco al Grand Canyon ha attirato un sacco di attenzione su questi boschi.
Per due giorni dei gialli conciati malissimo si sono trascinati qui attorno, ma le sbarre alle finestre li tengono fuori, ed un lumino alla vaniglia può fare miracoli per mascherare l'odore di carne viva, oltre a fornire un scintilla di luce faclmente mascherabile, e una briciola di calore.
Le dita delle mani che a tratti stringevano le sbarre arruginite alla finestra erano blu, quasi nere per il freddo, ed uno dei due aveva addosso degli abiti estivi.
Le sue Superga di tela si erano squarciate sui cocci di vetro che avevo sparso attorno alla casa.
La solita maledetta fortuna.
Fra perdita di sangue (denso, nerastro) e freddo, uno dei miei due visitatori è rimasto stecchito proprio qui davanti alla porta, a forse dieci metri, in piena vista dalla strada.
Al prossimo giro di una delle cammionette, lo vedranno e verranno a ficcare il naso.
Tocca sbaraccare.
Al calar del sole, giù attraverso la boscaglia.
La casa più vicina è a circa un chilometro.
E speriamo che l'amico del ghiacciolo non decida di farmi un'improvvisata.
I rastrellamenti continuano.
Gli uomini del Marchese si sono piazzati nel palazzo del comune, ed escono all'alba per impallinare i gialli allo sbando sulle colline, e per raccattare i sopravvissuti.
Si muovono quando la temperatura è al minimo.
Due notti or sono, hanno dato alle fiamme il Gran Canyon.
C'era una coppia, dentro.
Rgazzi di forse vent'anni.
Buona idea, quella di barricarsi in un pub sperduto fra i colli, con la tua ragazza e una borsata di armi da fuoco.
Non avevano molta voglia di andarsene, in effetti.
E così li hanno stanati col fuoco.
Quando sono usciti, li hanno presi e ci hanno fatto quello che volevano.
Ed io pens ai quintali di provviste mandati in fumo, e sento più dolore per quelli che per la ragazza violentata in sequenza, o per il suo compagno battuto coi calci dei fucili, e obbligato a guardare.
Devo inventarmi qualcosa.
Sto diventando peggio di un animale.
Il fuoco al Grand Canyon ha attirato un sacco di attenzione su questi boschi.
Per due giorni dei gialli conciati malissimo si sono trascinati qui attorno, ma le sbarre alle finestre li tengono fuori, ed un lumino alla vaniglia può fare miracoli per mascherare l'odore di carne viva, oltre a fornire un scintilla di luce faclmente mascherabile, e una briciola di calore.
Le dita delle mani che a tratti stringevano le sbarre arruginite alla finestra erano blu, quasi nere per il freddo, ed uno dei due aveva addosso degli abiti estivi.
Le sue Superga di tela si erano squarciate sui cocci di vetro che avevo sparso attorno alla casa.
La solita maledetta fortuna.
Fra perdita di sangue (denso, nerastro) e freddo, uno dei miei due visitatori è rimasto stecchito proprio qui davanti alla porta, a forse dieci metri, in piena vista dalla strada.
Al prossimo giro di una delle cammionette, lo vedranno e verranno a ficcare il naso.
Tocca sbaraccare.
Al calar del sole, giù attraverso la boscaglia.
La casa più vicina è a circa un chilometro.
E speriamo che l'amico del ghiacciolo non decida di farmi un'improvvisata.
Visitatori ostili
dicembre 04, 2010
Nella cisterna ci tengono dei Gialli.
Due o tre, a giudicare dalle urla.
L'arte della persuasione.
Hanno ammassato tutta la popolazione - dieci o dodici persone - sulla piazza del comune, e il capo, con la sua barba fulva, non ha perso tempo.
Ha fatto prendere il parroco, e lo ha fatto buttare nella cisterna.
Ha lasciato che grida e strilli andassero avanti per una decina di minuti, il furgone che oscillava da una parte all'altra.
Poi, quando è tornato il silenzio, ha fatto chiudere lo sportello della cisterna, ed ha tenuto un breve discorsetto.
Non ho seguito granché, per via dell'eco sulla piazza, della distanza e del fatto che mi stavo affrettando a sgattaiolare verso il fiume fra le stoppie, tenendomi basso.
Il succo comunque era abbastanza chiaro.
Loro sono i padroni.
Il loro condottiero, il Marchese, così lo chiamano, seduto sul suo trono a Canelli, è il padrone di tutta la valle Belbo.
Non chiedono molto - perché non c'è molto che possano chiedere.
La prima scelta su provviste, equipaggiamento, case.
Il controllo stretto dell'energia.
Difficile sparire senza lasciar traccia con due dita di neve a terra.
Sono rotolato giù lungo l'argine e mi sono spostato a monte nell'acqua gelida.
Niente tracce, niente odori.
I due imbecilli sul Puma fumavano e guardavano il panorama.
Mi sono spostato di due chilometri a monte, e poi, bestemmiando coi piedi fradici, sono tornato sull'argine, ed ho preso la via dei boschi.
Ora sono in una baracca persa fra le gaggìe.
Nessuno è più stato in questo posto da almeno dieci anni.
C'era un cartello VENDESI arruginito inchiodato sulla porta.
Struttura solida, sbarre alle finestre.
Fa un freddo porco, e mi sto scongelando i piedi alla fiamma viva di un lumino.
L'autocolona è ancora in paese.
Hann smantellato il mio generatore.
Ne ho visto portar via uno a braccia, segno che qualcuno ha provato ad entrare in casa mia ed ha trovato la tagliola.
O la tagliola ha trovato lui.
Dilettanti.
L'ex padrone di casa della mia nuova reggia aveva un problema di alcool - o per lo meno un problema di vuoti.
Ho usato le bottiglie per organizzare un minimo di perimetro difensivo, e per piazzare degli allarmi a porte e finestre.
Dormire qua fuori è un complicato gioco d'azzardo.
Filarmela alla chetichella ha comportato una drastica riduzioe delle mie proprietà, che ora ammontano a:
. gli abiti che indosso
. un poncho militare impermeabile
. uno zaino contenente
una torcia elettrica
un fischietto da scuola di samba
un binocolo tascabile
occhiali da sole
una bandana scarlatta
un cappellino di lana impermeabile
trenching tool
hobo tool
radio multibanda
tre borracce termiche
un rotolo di carta igienica
una confezione da venti accendini tipo BIC
una confezione da ventiquattro lumini
un pettine
uno specchio metallico
un rotolo di american tape
un victorinox tinker
una borsa contenente
cerotti
aspirine
antistaminici
pomata cortisonica
una copia di Lonesome Dove, di Larry McMurtry
un asciugamano da bagno rosso con una scritta in bianco
. il netbok Ubuntu con
alimentatore solare (grazie, Chinavasion!)
kit di connettività estesa (idem)
. un manico d'ascia.
. la vecchia doppietta di mio padre, con
quaranta cartucce a pallettoni
venti cartucce monopalla
Due o tre, a giudicare dalle urla.
L'arte della persuasione.
Hanno ammassato tutta la popolazione - dieci o dodici persone - sulla piazza del comune, e il capo, con la sua barba fulva, non ha perso tempo.
Ha fatto prendere il parroco, e lo ha fatto buttare nella cisterna.
Ha lasciato che grida e strilli andassero avanti per una decina di minuti, il furgone che oscillava da una parte all'altra.
Poi, quando è tornato il silenzio, ha fatto chiudere lo sportello della cisterna, ed ha tenuto un breve discorsetto.
Non ho seguito granché, per via dell'eco sulla piazza, della distanza e del fatto che mi stavo affrettando a sgattaiolare verso il fiume fra le stoppie, tenendomi basso.
Il succo comunque era abbastanza chiaro.
Loro sono i padroni.
Il loro condottiero, il Marchese, così lo chiamano, seduto sul suo trono a Canelli, è il padrone di tutta la valle Belbo.
Non chiedono molto - perché non c'è molto che possano chiedere.
La prima scelta su provviste, equipaggiamento, case.
Il controllo stretto dell'energia.
Difficile sparire senza lasciar traccia con due dita di neve a terra.
Sono rotolato giù lungo l'argine e mi sono spostato a monte nell'acqua gelida.
Niente tracce, niente odori.
I due imbecilli sul Puma fumavano e guardavano il panorama.
Mi sono spostato di due chilometri a monte, e poi, bestemmiando coi piedi fradici, sono tornato sull'argine, ed ho preso la via dei boschi.
Ora sono in una baracca persa fra le gaggìe.
Nessuno è più stato in questo posto da almeno dieci anni.
C'era un cartello VENDESI arruginito inchiodato sulla porta.
Struttura solida, sbarre alle finestre.
Fa un freddo porco, e mi sto scongelando i piedi alla fiamma viva di un lumino.
L'autocolona è ancora in paese.
Hann smantellato il mio generatore.
Ne ho visto portar via uno a braccia, segno che qualcuno ha provato ad entrare in casa mia ed ha trovato la tagliola.
O la tagliola ha trovato lui.
Dilettanti.
L'ex padrone di casa della mia nuova reggia aveva un problema di alcool - o per lo meno un problema di vuoti.
Ho usato le bottiglie per organizzare un minimo di perimetro difensivo, e per piazzare degli allarmi a porte e finestre.
Dormire qua fuori è un complicato gioco d'azzardo.
Filarmela alla chetichella ha comportato una drastica riduzioe delle mie proprietà, che ora ammontano a:
. gli abiti che indosso
. un poncho militare impermeabile
. uno zaino contenente
una torcia elettrica
un fischietto da scuola di samba
un binocolo tascabile
occhiali da sole
una bandana scarlatta
un cappellino di lana impermeabile
trenching tool
hobo tool
radio multibanda
tre borracce termiche
un rotolo di carta igienica
una confezione da venti accendini tipo BIC
una confezione da ventiquattro lumini
un pettine
uno specchio metallico
un rotolo di american tape
un victorinox tinker
una borsa contenente
cerotti
aspirine
antistaminici
pomata cortisonica
una copia di Lonesome Dove, di Larry McMurtry
un asciugamano da bagno rosso con una scritta in bianco
. il netbok Ubuntu con
alimentatore solare (grazie, Chinavasion!)
kit di connettività estesa (idem)
. un manico d'ascia.
. la vecchia doppietta di mio padre, con
quaranta cartucce a pallettoni
venti cartucce monopalla
Abbiamo visite - Giorno 8
dicembre 03, 2010
Un'autocolonna.
Due blindati Puma piuttosto malandati.
Un Land Rover in configurazione d'attacco.
Due motociclette da enduro.
Un camion cisterna, di quelli per il trasporto dei cereali, bianco e blu.
Una quindicina di ceffi vestiti da reduci - uniformi malandate, un sacco di fuori ordinanza, un sacco di armi esposte.
C'è un energumeno più largo che alto e barbuto sulla Land Rover che abbaia in un megafono.
Uscite, siamo qui per proteggervi.
Sì.
Col cazzo.
Queste non sono truppe regolari.
Cosa c'entra la cisterna?
Uno dei blindati si attesta davanti alla banca, e controlla il ponte, il piazzale, il lungofiume e via Mazzini.
Non dubito che ci sia un mezzo simile all'altezza della stazione, a controllare l'altro ponte, il vecchio mulino e la strada per Alessandria.
Il resto della colonna punta sulla piazza del comune.
I ceffi si aprono a ventaglio.
Qualcuno dei paesani comincia a farsi vedere.
Puntano anche loro sulla piazza del comune.
Ridono.
Un paio tengono delle doppiette bene in vista, come segno di buona volontà.
Pacche sulle spalle ai tizi armati.
Qualcuno grida è finita.
Idioti.
Un pugno di uomini scende abbastanza rilassato su Via Mazzini.
E perché non essere rilassati.
Sono cinque, con fucili d'assalto SC70, un paio di pistole a testa, uno ha un Benelli a tracolla, portano corsaletti antiproiettile in kevlar.
Radio ricetrasmittenti.
Uno sotto alla mimetica ha una camicia a scacchi, rossa e blu.
Cinque cazzoni con un sacco di volume di fuoco.
Dalla piazza del comune, il capobranco continua a strillare nel megafono.
Un paio vanno verso ciò che resta della casa di riposo, gli altri coprono i cortili.
Questa non è un'operazione ufficiale.
Questo è un rastrellamento.
Hanno visto il generatore.
Stacco tutto.
Tocca sparire.
Due blindati Puma piuttosto malandati.
Un Land Rover in configurazione d'attacco.
Due motociclette da enduro.
Un camion cisterna, di quelli per il trasporto dei cereali, bianco e blu.
Una quindicina di ceffi vestiti da reduci - uniformi malandate, un sacco di fuori ordinanza, un sacco di armi esposte.
C'è un energumeno più largo che alto e barbuto sulla Land Rover che abbaia in un megafono.
Uscite, siamo qui per proteggervi.
Sì.
Col cazzo.
Queste non sono truppe regolari.
Cosa c'entra la cisterna?
Uno dei blindati si attesta davanti alla banca, e controlla il ponte, il piazzale, il lungofiume e via Mazzini.
Non dubito che ci sia un mezzo simile all'altezza della stazione, a controllare l'altro ponte, il vecchio mulino e la strada per Alessandria.
Il resto della colonna punta sulla piazza del comune.
I ceffi si aprono a ventaglio.
Qualcuno dei paesani comincia a farsi vedere.
Puntano anche loro sulla piazza del comune.
Ridono.
Un paio tengono delle doppiette bene in vista, come segno di buona volontà.
Pacche sulle spalle ai tizi armati.
Qualcuno grida è finita.
Idioti.
Un pugno di uomini scende abbastanza rilassato su Via Mazzini.
E perché non essere rilassati.
Sono cinque, con fucili d'assalto SC70, un paio di pistole a testa, uno ha un Benelli a tracolla, portano corsaletti antiproiettile in kevlar.
Radio ricetrasmittenti.
Uno sotto alla mimetica ha una camicia a scacchi, rossa e blu.
Cinque cazzoni con un sacco di volume di fuoco.
Dalla piazza del comune, il capobranco continua a strillare nel megafono.
Un paio vanno verso ciò che resta della casa di riposo, gli altri coprono i cortili.
Questa non è un'operazione ufficiale.
Questo è un rastrellamento.
Hanno visto il generatore.
Stacco tutto.
Tocca sparire.
Giorno 6
dicembre 01, 2010
Continua a nevicare.
La portata del Belbo è buona, il generatore funziona a pieno regime.
La rete viaggia a 30K ma viaggia.
Oggi è una buona giornata per fare provviste.
Un salto fino al supermercato più vicino, una rapida spolverata ai loro magazzini - la roba è già imballata, basta caricarla.
Ironico che ci sia voluta l'apocalisse per farmi diventare vegetariano.
Si intravvedono delle sagome, fra le vigne.
Troppo veloci e vispe per essere dei Gialli, troppo schive, troppo ansiose di sparire il più in fretta possibile.
L'apocalisse non favorisce la vita sociale.
E poi, perché affannarsi?
Il tempo è dalla nostra parte, come dicevano gli Stones.
Il trucco è trovare un buon posto in cui asserragliarsi, e aspettare che i Gialli muoiano.
È nella matematica del modello di infezione - come si è diffusa, la pandemia dovrà spegnersi.
Basta starsene al caldo e fuori vista, e avere pazienza.
Colonne di fumo nero all'orizzonte.
La logica conseguenza di una stufa lasciata accesa da un infetto?
Un caldaia fuori controllo?
Possibili tre focolai d'incendio accidentali, nello stesso settore nello stesso momento?
Nota per la lista della spesa: servono munizioni.
La portata del Belbo è buona, il generatore funziona a pieno regime.
La rete viaggia a 30K ma viaggia.
Oggi è una buona giornata per fare provviste.
Un salto fino al supermercato più vicino, una rapida spolverata ai loro magazzini - la roba è già imballata, basta caricarla.
Ironico che ci sia voluta l'apocalisse per farmi diventare vegetariano.
Si intravvedono delle sagome, fra le vigne.
Troppo veloci e vispe per essere dei Gialli, troppo schive, troppo ansiose di sparire il più in fretta possibile.
L'apocalisse non favorisce la vita sociale.
E poi, perché affannarsi?
Il tempo è dalla nostra parte, come dicevano gli Stones.
Il trucco è trovare un buon posto in cui asserragliarsi, e aspettare che i Gialli muoiano.
È nella matematica del modello di infezione - come si è diffusa, la pandemia dovrà spegnersi.
Basta starsene al caldo e fuori vista, e avere pazienza.
Colonne di fumo nero all'orizzonte.
La logica conseguenza di una stufa lasciata accesa da un infetto?
Un caldaia fuori controllo?
Possibili tre focolai d'incendio accidentali, nello stesso settore nello stesso momento?
Nota per la lista della spesa: servono munizioni.
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